5th Ago, 2015

Sergio Andreatta, BAMBINI UNA VOLTA, saggio di pedagogia

SERGIO ANDREATTA

BAMBINI UNA VOLTA

Istruzioni per l’uso di una scuola Primaria verso gli anni 2000

Scuola e famiglia sono obbligate a prove tecniche di collaborazione. Una collaborazione decisiva ai fini del risultato.

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PRESENTAZIONE

“Tutti i grandi sono stati BAMBINI UNA VOLTA, ma pochi di essi se ne ricordano” (A. de S. Exupèry). Questa frase-titolo per sottolineare il nostro amore per l’infanzia, la ricerca costante di un impegno e di un servizio sempre più puntuale cui anche questa guida per gli utenti vuol offrire un suo contributo. A loro “consiglio di non considerare niente più importante dell’educazione dei propri figli” (Plutarco).

Un quartiere di Latina e tre Borghi, ambienti apparentemente diversi, rappresentano in realtà quattro contesti socio-culturali non molto dissimili tra loro per il modo di vivere, di comunicare (o di subire comunicazione), di scambiare esperienze e di andare a scuola. A questo si aggiungono i metodi dei nostri insegnanti, membri di uno stesso Collegio, che, pur valorizzando le risorse personali, s’impegnano tuttavia a minimizzare le variabili di contesto e di processo e a indirizzare l’intervento verso un’uguaglianza di opportunità e, possibilmente, di prodotto educativo. Sulla Scuola Elementare e sui suoi fini si registra, talvolta, un diverso modo d’intendere tra genitori e insegnanti. Parecchi dei primi, forse sul filo della loro personale esperienza, tendono ad attribuire prevalente importanza alle nozioni; i migliori tra i secondi, sensibili ai rapidi cambiamenti culturali, alle complessità sociali e alle nuove sfide pedagogiche, sono portati a valorizzare più dei contenuti le molte dimensioni della personalità e le molte forme dell’intelligenza. In BAMBINI UNA VOLTA c’è il nostro desiderio di ripensamento del rapporto educativo, del suo valore attuale, della sua forza e della sua bellezza. Volendo insegnare troppe cose si finisce, infatti, per cadere nell’ansia del risultato e si finisce per sacrificare la grandezza di un’anima e la creazione di una relazione pedagogica alla sterilità della ripetizione meccanica. “Bisogna dare, dunque, ai ragazzi la possibilità di riprendere fiato dalle continue fatiche riflettendo come tutta la nostra vita sia divisa tra riposo e impegno” (Plutarco). Quanto sarebbe più giusto, allora, che i bambini fossero aiutati da noi a sviluppare la loro disponibilità e la loro motivazione intrinseca ad apprendere anziché esaurirsi, come alcuni ciechi tradizionalisti pur vorrebbero, nella sola, esclusiva attenzione per i contenuti del miglior insegnamento. Non conterà più di tutto incoraggiarli ed aiutarli ad attribuire successo al loro impegno, alle abilità acquistate e all’uso, da parte di loro stessi, di alcune efficaci strategie per l’apprendimento? “L’educazione è l’unico nostro bene immortale e divino” (Plutarco). Di qui per il loro “bene – essere” l’importanza di una scuola “cooperativa e del colloquio” sicché i bambini stiano bene con se stessi e con gli altri in un clima di positività e di valorizzazione. E non ci chiediamo ancora abbastanza quanto sia importante avere una buona “psicologia di classe” per ridurre il livello di ansietà e potenziare la motivazione al successo. Quanto sia importante saper coinvolgere il bambino nel “progetto per lui” di… apprendere scoprendo. Per promuovere il processo di autorealizzazione, mediante esperienze gratificanti, servono modi e tempi giusti ben più implicanti e lenti di quelli normalmente riservati a una lezione espositiva. E maggiormente servirebbe ciò agli alunni in situazione di handicap. Per i disabili, in situazione d’inferiorità, è doveroso chiedersi quali cure dedichiamo loro e di quale qualità. Non è, forse, questa la prima cartina di tornasole per valutare se un Circolo o una Città intera affermino concretamente le ragioni dell’uguaglianza, del valore della persona “minus habens” e dei suoi pieni diritti? Malgrado l’avanzata legge 104/1992 mi sembra che ci muoviamo ancora incertamente, per tentativi ed errori, tra luci e ombre, tra splendide esperienze e ordinarie premure. E se non si può più parlare, almeno a scuola, di diritti negati, osservo tuttavia la sussistenza di evidenti margini di miglioramento per una più piena e reale affermazione dei diritti perché qui, se non si è dato tutto, sembra che non si sia dato nulla. Nella cultura della solidarietà e dell’umanesimo integrale, ci dobbiamo sentire tutti profondamente coinvolti, nessuno escluso. Non sono ammesse estraneità e indifferenze né dagli insegnanti né dai bambini e neanche dai genitori dei pierini borghesi, per dirla alla don Lorenzo Milani. Sì, è questa, riteniamo, la chiave del successo per una scuola: l’inclusività, un buon dialogo e un buon senso di Comunità. Ed ecco che gli atteggiamenti delle molte famiglie si dovrebbero strategicamente concordare, attraverso un patto di corresponsabilità educativa, “con questo pensare positivo” della scuola con questo suo aprirsi alla società, pur mettendo in conto la possibilità di sbagliare, come sosteneva Popper. Bisognerebbe lavorare di più insieme (= col-laborare) per realizzare il più grandioso dei progetti: la costruzione dell’uomo del futuro. L’intervento dell’insegnante, già prima di esserlo, si qualificherebbe di valore se il bambino e i suoi familiari, anziché contestarlo a volte, lo percepissero come diretto ad una sviluppo positivo già prima, durante e dopo il mero intervento tecnico in aula. Continuità e armonia tra le diverse agenzie educative con l’obiettivo di promuovere un unico imprinting di codici e regole di comportamento  sono ritenute necessarie in un certo passaggio della sua crescita. Ne risulterebbe sicuramente migliore l’efficacia del processo. Il mondo sociale condiziona il mondo psicologico e ogni ambiente ha, purtroppo, le sue tenaglie. E’ vedendo come si agisce in casa e in TV che il bambino prefigura, imita, contrasta, forse comprende e poi probabilmente ad esso si conforma nei suoi comportamenti in classe. Egli apprende e replica. La ricezione di stimoli contrastanti, spesso anche dai due genitori tra loro, provoca disorientamento in lui non ancora ben dotato, ad otto, nove anni, di adeguati filtri critici e di un soddisfacente grado di maturazione emotiva. Più tardi l’adolescente esploratore, al contrario, non avrà tutta questa necessità di un unico clima educativo e protettivo intorno a lui, anzi le sue scelte potrebbero avvantaggiarsi dalla pluralità delle situazioni. Da un’accreditata ricerca scientifica, condotta (1992/1995) all’interno e con la collaborazione della nostra Scuola Carlo Goldoni di Latina, scelta per i suoi parametri come campione rappresentativo nazionale del prof. Paolo Sotgiu dell’Università di Cassino, si evincerebbe una significativa minor capacità di espansione e interazione sociale da parte del bambino di oggi rispetto a quello di ieri (vent’anni fa). La soglia di socializzazione sarebbe regredita e comparirebbe un pesante ritardo di due anni nello sviluppo sociale. Questo dovrebbe significare che, durante l’ultima generazione, è cambiata la forma stessa di rappresentazione del sociale all’interno delle famiglie e che su questo “copione” si va conformando la sensibilità e la percezione del bambino, organizzando la sua memoria, modellando gradualmente la sua personalità. E su questo specchio che egli andrà poi a giocare la sua rappresentazione comportamentale. Interessi, attitudini e valori per livello, forza e ampiezza sono insegnati dalla vita e dall’esperienza, molto più che trasmessi in apposite lezioni che, comunque, non bisogna rinunciare a fare, sotto forma di attività, data l’importanza di regole e procedure per una pacifica convivenza. Le attività verranno proposte come problemi aperti, enigmi e controversie da risolvere con possibilità di più alternative. I genitori che non vogliano incorrere in gravi errori educativi abbiano l’opportunità di riflettere con noi (“Progetto genitori” è un programma di sostegno educativo alle famiglie, come anche lo “Sportello psicologico”). Il nervosismo, l’incoerenza degli stili di condotta, l’iperprotettività, la cultura del lassismo e dell’abbandono del figlio per ore e ore davanti alla tv e al pc  sono già di per sé sintomi precursori di malessere per i presente e per il futuro. Dall’ambiguità del lasciar fare potrebbe mai scaturire qualcosa di buono? Rinunciare a contrastare le abitudini negative o qualche affiorante episodio di bullismo, presente a scuola già a quest’età, rassegnarsi forse anche per stanchezza introduce un senso di assuefazione che diventa poco a poco un rischio velenoso. E il problema si trasforma in rischio nel momento stesso in cui perdiamo la capacità e la padronanza di valutare obiettivamente quello che accade dentro e intorno ai nostri ragazzi. Così all’improvviso ora non sappiamo più cosa fare per tentare di modificare i comportamenti sbagliati e siamo presi dai sensi di colpa. “E’ giusto biasimare certi padri – scrive Plutarcoche affidano i figli a pedagoghi e maestri ma poi non si premurano affatto di osservare o di ascoltare di persona come li istruiscono, venendo così meno in modo gravissimo ai propri doveri. Dovrebbero invece controllare periodicamente i loro ragazzi,…; gli stessi maestri, poi, si prenderanno più cura degli allievi, se saranno chiamati di volta in volta a renderne conto”. Si dovrebbe dar oggi corso non soltanto alla rottamazione delle macchine ma, chi si occupa professionalmente di educazione, anche a quella dei modelli arrugginiti e abituarci all’idea, visto che siamo al servizio del bambino, di dover “render conto” del nostro operato al suo genitore”.  Sergio Andreatta, BAMBINI UNA VOLTA, Il Quarto Editore / Officina Grafica Della Vecchia, Latina, 1998, ppgg. 5-9 di 134.

Non adulatori del passato nè sognatori folli dell’avvenire che non c’è, noi abbiamo un unico dovere quello di concentraci, come diceva C. Mercier, “su un punto solo,…, l’azione del momento presente”. L’educazione è il compito principale di ogni Società. Questo saggio risponde al diffuso bisogno dei genitori utenti di un’istituzione, ma anche degli insegnanti, di conoscere dall’interno un ben organizzato ma normale ambiente-scuola, sia pure in rapido cambiamento. La Scuola non è, infatti, che un aspetto particolare del processo educativo e questo un aspetto particolare del più ampio processo di identificazione sociale. Il valore sociologico-documentario del lavoro sta anche nel richiamo a fatti e persone, più che solo a teorie (Sergio Andreatta, 1998, dalla Retrocopertina).

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Questo pensiero di BAMBINI UNA VOLTA è in Premessa al Piano dell’offerta formativa dell’I.C.S.a indirizzo musicale “Pestalozzi-Cavour” di Pietratagliata, Monreale, oltre che esserli stato per un decennio in quello del Quarto Circolo Didattico di Latina.

“Scuola e famiglia, di fronte ai cambiamenti, si mettano insieme per educare.
Scuola e famiglia sono obbligate a prove tecniche di collaborazione.
Una collaborazione decisiva ai fini del risultato.

E il migliore si consegue solo mettendosi in una prospettiva comunitaria e di sussidiarietà”.

(Sergio Andreatta, Bambini una volta, 1998).

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